La spiritualità non va ricercata nei media alternativi e nella controinformazione

Byoblu e controinformazione vs. spiritualità

Introduzione: mainstream vs. controinformazione

I mezzi di comunicazioni tradizionali, detti anche mainstream, sono solitamente controllati da potenti istituzioni, quali governi, multinazionali, gruppi editoriali ed entità economiche influenti. Questi attori plasmano le narrazioni pubbliche e le norme sociali, rappresentando sovente gli interessi delle élite globali che controllano le risorse, le politiche e le tendenze culturali. Attraverso la loro vasta rete di influenza stabiliscono ciò che è considerato “verità” o “sapere comune” con il fine di creare una struttura percettiva all’interno della quale poter svolgere i dibattiti pubblici. Questa interpretazione della realtà riflette chiaramente le priorità di chi è al potere, quali la crescita economica, il progresso tecnologico o la stabilità politica. Potremmo quindi descrivere i mezzi di comunicazione mainstream come la voce dei potenti del mondo, i quali non sono necessariamente personaggi pubblici noti per la loro grande ricchezza.

I mezzi di comunicazione alternativi quali Byoblu, invece, cercano di sfidare queste narrazioni dominanti offrendo prospettive divergenti o denunciando le ingiustizie percepite. Solitamente si propongono come voce del dissenso in vece di quegli individui che si sentono emarginati o del tutto esclusi dal discorso ufficiale. Tuttavia, i media di controinformazione dipendono intrinsecamente dall’esistenza del mainstream, a cui si affidano per definire la propria identità e i propri scopi. Senza una narrativa dominante da contrastare o criticare, i canali di controinformazione perderebbero la loro ragion d’essere. Essi si definiscono non attraverso una linea editoriale indipendente, ma fondamentalmente attraverso l’opposizione a ciò che percepiscono come eccesso di potere o di manipolazione cognitiva.

Contrastare il sistema mediante i suoi stessi mezzi

L’informazione alternativa, facendo leva sul pensiero critico, funge da serbatoio per il malcontento e la preoccupazione nei confronti delle dinamiche messe in atto dai dominatori del mondo, i quali, ovviamente, perseguono i propri interessi ponendo in secondo piano quelli delle masse. La controinformazione potrebbe essere definita come la voce degli individui più consapevoli e attenti, almeno in teoria.

È inoltre interessante notare come il fenomeno della controinformazione sia nato a partire dalla fine degli anni Novanta con l’introduzione di Internet, e come da allora sia rimasto confinato a tale realtà, dato che televisione e radio sono ancora interamente controllate dalle forze di sistema. Paradossalmente le fonti mediatiche alternative che mirano a combattere il sistema utilizzano gli strumenti forniti dal potere stesso, come YouTube, Twitter/X, siti web dedicati e così via. Cercano in qualche modo di cambiare il sistema dall’interno, come una sorta di virus che si insinua in un organismo e ne altera gli equilibri.

Caratteristiche e limiti dei media alternativi

Da una prospettiva psicologica, la controinformazione opera principalmente come un meccanismo reattivo. Essa reagisce ai nuovi cambiamenti introdotti dalle strutture di potere tradizionali; che si tratti di innovazioni tecnologiche, come le valute digitali, di cambiamenti politici o di mutamenti culturali, essa risponde con scetticismo o attraverso un vero e proprio rigetto. Tale posizione rettiva è spesso guidata da una profonda sfiducia verso l’autorità e dalla convinzione che le narrazioni mainstream siano intrinsecamente manipolative e autoreferenziali. Sebbene questo approccio possa fungere da importante meccanismo di controllo nei confronti delle istituzioni che diventano troppo potenti, nonché fornire una piattaforma per le voci dissenzienti, solitamente esso manca di lungimiranza nell’anticipare o nell’affrontare in modo proattivo i problemi. Invece di definire la propria agenda o di offrire alternative costruttive, la controinformazione tende a concentrarsi sullo smantellamento o sul discredito delle proposte di chi è al potere, il che resta senz’altro un buon punto di partenza.

I mezzi di comunicazione alternativi, in sostanza, rincorrono la narrazione prevalente proponendo una propria visione critica delle questioni prese in esame. Ciò comporta l’instaurarsi di una relazione simbiotica tra il sistema di informazione ufficiale e i suoi detrattori, in cui ogni fazione ha bisogno dell’altra per portare avanti il proprio programma. Il potere necessita di nemici, reali o fittizi che siano, per guidare le masse verso la direzione desiderata, poiché la paura è il catalizzatore energetico più potente che esista. La controinformazione, d’altro canto, ha bisogno di essere riconosciuta dal potere come entità legittima al fine di portare avanti le sue battaglie a livello pubblico. L’informazione tradizionale, nonostante ciò, si rifiuta di considerare i suoi avversari come legittimi, semplicemente perché ottiene risultati migliori etichettandoli come sovversivi e pericolosi.

Il fallito tentativo di fermare il “progresso”

Se i governi propongono misure di sorveglianza a tappeto con il pretesto della sicurezza nazionale, i gruppi di controinformazione si mobilitano immediatamente  contro queste politiche senza però presentare una propria visione di privacy e sicurezza all’interno del contesto di una società sempre più dipendente dalla tecnologia. Allo stesso modo, quando le aziende introducono tecnologie controverse, come gli strumenti di intelligenza artificiale che comportano potenziali implicazioni etiche, le campagne dei canali di informazione alternativa sono certamente in grado di evidenziarne i rischi, ma non riescono con la stessa efficacia ad avviare un dialogo costruttivo riguardo a come tali tecnologie possano essere sfruttate responsabilmente. Il progresso è un qualcosa che semplicemente non si può fermare. Si può cercare di reindirizzarlo, ma l’illusione di poter sopprimere completamente il desiderio umano di realizzare qualcosa che rientri nel regno delle possibilità è destinata a fallire. Gli esseri umani sono fatti in questo modo: se qualcosa può essere fatto, prima o poi qualcuno lo farà, sia nel bene che nel male. Per questo motivo è impensabile una società senza leggi che sia in grado di autolimitarsi.

La natura reattiva della controinformazione

Con la scelta, consapevole o meno, di reagire a stimoli esterni invece che plasmare il discorso in modo propositivo, i movimenti di controinformazione rischiano di essere definiti esclusivamente attraverso la loro opposizione alle narrazioni ufficiali. Ciò non solo limita la loro capacità di creare uno slancio a favore del cambiamento del sistema, ma li rende anche vulnerabili all’essere liquidati come ostruzionisti o allarmisti dagli stessi organismi che cercano di sfidare. Inoltre, questa mentalità reattiva finisce per portare all’esaurimento emotivo gli stessi partecipanti, i quali si trovano perennemente impegnati in battaglie contro minacce percepite, senza tuttavia ottenere mai vittorie a lungo termine o alternative realmente percorribili. Se tale forma mentis non evolve da un’opposizione reazionaria a una visione realmente innovativa della società, la controinformazione rimarrà bloccata in un rapporto di dipendenza reciproca con le stesse strutture di potere a cui cerca di opporsi.

Una rincorsa estenuante e improduttiva

L’indole reattiva e non propositiva tipica dai media alternativi fa sì che essi si trovino inevitabilmente a giocare secondo le regole del sistema, impedendo loro di produrre qualcosa di veramente dirompente. La loro è una reinterpretazione della realtà, solo che i confini della percezione e della discussione pubblica sono definiti da coloro che controllano la narrazione dominante. Entrambi operano all’interno di un recinto, ma l’ampiezza e la natura di tale spazio sono determinate da coloro che ne detengono il controllo. Le parole e i concetti utilizzati dai media alternativi per definire la realtà vengono generalmente scelti da coloro che detengono il monopolio della narrazione.

A partire dal 2020, ad esempio, chi detiene il potere ha iniziato ad etichettare come “scienza” tutto ciò che confermava la sua narrazione apocalittica della cosiddetta pandemia, mentre le ricerche che dimostravano come il virus fosse in realtà meno letale di quanto si pensasse inizialmente venivano bollate come antiscientifiche. Il termine “scienza”, usato in questo modo, è totalmente fuorviante. La scienza come entità a sé stante non esiste. Esiste invece un processo di ricerca della verità  denominato metodo scientifico. Ridefinendo il significato di questa parola, il potere dominante ha stabilito nuovi confini, più ristretti dei precedenti, entro i quali poteva avvenire lo scambio di idee. L’informazione alternativa non ha fatto altro che adattarsi a questo nuovo paradigma, non trovando altro modo per opporsi efficacemente soprattutto agli occhi delle masse che erano già state fuorviate.

La mancanza di una visione alternativa dell’umanità

Questo approccio frammentario mina la credibilità e l’impatto a lungo termine degli sforzi della controinformazione. In mancanza di una visione chiara di ciò che intendono raggiungere, al di là della semplice opposizione alle iniziative del mainstream, i movimenti alternativi possono facilmente essere dipinti come inutili e immotivatamente polemici. Tale mancanza di unità porta non di rado a divisioni interne all’interno delle stesse comunità di controinformazione, in quanto le varie fazioni danno priorità a questioni o strategie diverse senza convergere verso un insieme condiviso di principi teorici e di obiettivi pratici. Per essere veramente incisiva nella sfida alle strutture di potere consolidate, la controinformazione deve evolvere superando la propria posizione di antagonista e articolare una visione della società che sia coerente e basata su solidi principi etici, sull’istruzione e su una riconsiderazione radicale dell’importanza del denaro e dell’economia.

E per quanto concerne la spiritualità? Sfortunatamente sembra avere poca importanza anche all’interno dei media alternativi, poiché, come già spiegato in precedenza, essi non fanno altro che riproporre e riformulare i temi cari alle fonti mainstream.

In sintesi, sebbene la controinformazione svolga un ruolo importante nel contestare le narrazioni dominanti e nell’amplificare le voci emarginate, la sua natura reattiva limita il suo potenziale di guida verso un cambiamento trasformativo, e ciò accade poiché essa non sembra avere la capacità di adottare una visione spirituale dell’esistenza. Per contrastare queste limitazioni, è necessario andare al di là della mera opposizione e puntare verso una creazione costruttiva, promuovendo una visione coerente fondata su valori condivisi e favorendo al contempo la libertà interiore tramite pratiche di autoconsapevolezza: solo così diventerà possibile trascendere del tutto i meccanismi dualistici alla base del conflitto fra autorità e pensiero indipendente.

Conservatorismo e tradizionalismo

Un’altra caratteristica della controinformazione è la sua tendenza al conservatorismo e al tradizionalismo. Opponendosi alle minacce percepite nei confronti delle norme interiorizzate, siano esse valori culturali, sistemi economici o strutture sociali, i mezzi di comunicazione alternativi cercano spesso di preservare lo status quo piuttosto che prefigurare un cambiamento trasformativo. Tale approccio conservatore può manifestarsi attraverso modalità diverse: resistenza alla globalizzazione, scetticismo nei confronti dei progressi tecnologici, opposizione alle politiche sociali progressiste o appelli verso il ritorno ai “bei tempi passati” in cui il mondo pareva essere un posto migliore.

Ad esempio, molti movimenti di controinformazione resistono alla globalizzazione enfatizzando il localismo e la sovranità nazionale, respingendo al contempo i quadri di cooperazione internazionale, come gli accordi commerciali o le istituzioni governative globali. Sebbene queste critiche possano evidenziare legittime preoccupazioni rispetto alla disuguaglianza economica e alla perdita di identità culturale causate dalla globalizzazione, esse tendono a trascurare il fatto che le sfide globali richiedano soluzioni di collaborazione che trascendono i confini nazionali.

Analogamente, l’opposizione ai progressi tecnologici quali l’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA), l’ingegneria genetica e le valute digitali, riflette solitamente il timore di perdere il controllo sull’attività umana e sui valori della società. Benché queste inquietudini siano valide e meritino di essere esaminate, un atteggiamento eccessivamente difensivo può frenare l’innovazione e l’adeguamento a circostanze in continuo mutamento. A titolo esemplificativo: opporsi alle tecnologie di energia rinnovabile poiché esse danneggiano le industrie tradizionali, quali l’estrazione del carbone e del petrolio, equivale ad ignorare l’urgente necessità di soluzioni energetiche sostenibili, dal momento che la popolazione della Terra e i consumi ad essa associati continuano ad incrementare.

Nostalgia per il passato e ansia per il futuro

Questa propensione al tradizionalismo si estende altresì all’ambito culturale, dove i movimenti di controinformazione sostengono la conservazione di procedure storiche o di codici morali che sembrano essere minacciati dalla modernità. Il mantenimento delle tradizioni che promuovono la stabilità e la continuità è certamente prezioso, ma un attaccamento acritico verso il passato può impedire alla società di evolversi in risposta alle nuove esigenze, anche se queste appaiono scomode o forzate a prima vista.

Per di più tale resistenza può inavvertitamente rafforzare le stesse strutture di potere che i media alternativi cercano di ridimensionare. I mezzi di informazione mainstream, controllati da entità influenti, definiscono i dissidenti come retrogradi e restii verso il progresso, mettendo in luce soltanto i loro presunti difetti e allontanando da essi un pubblico più vasto che potrebbe altrimenti simpatizzare con le loro idee. Per ovviare a questa difficoltà, la controinformazione deve bilanciare il rispetto per la tradizione con l’apertura all’innovazione, alimentando un dialogo partecipativo circa la maniera in cui la società possa evolvere in modo sostenibile senza sacrificare i valori fondamentali.

test del risveglio spirituale

La prospettiva spirituale: opposizione come trasferimento di energia

Da un punto di vista spirituale, l’atto di opporsi può essere considerato come un trasferimento di energia che paradossalmente alimenta le stesse forze a cui si cerca di resistere. Questo concetto è radicato in diverse tradizioni spirituali e filosofiche, quali il taoismo, il buddismo e anche il pensiero metafisico moderno, in cui si sottolinea il principio della non-resistenza. Tali insegnamenti suggeriscono che, concentrando la propria attenzione e la propria energia sull’avversione nei confronti di qualcosa, sia esso un’idea, un sistema politico o una persona, si alimenta involontariamente il potere e l’energia di quest’ultimo. Questo fenomeno si verifica perché la resistenza genera polarità; si instaura dunque una dinamica in cui la fazione opposta diventa meglio definita e radicata attraverso il conflitto.

Per esempio, quando i movimenti di controinformazione si schierano con veemenza contro le valute digitali o i programmi di sorveglianza di massa, attirano l’attenzione dell’opinione pubblica su questi temi. Se da una parte questo può sembrare un passo necessario per aumentare la consapevolezza pubblica, dall’altra offre alle strutture di potere mainstream l’opportunità di dominare la narrazione. I governi o le grandi aziende possono sfruttare il loro controllo sui canali mediatici per classificare i dissidenti come disinformati, paranoici o addirittura pericolosi. In questo modo non solo screditano l’opposizione, ma rafforzano contemporaneamente la propria autorità ponendosi come arbitri razionali ed imparziali del cambiamento sociale.

Questa dinamica evidenzia una verità spirituale più complessa: ciò a cui resistiamo persiste. Intraprendendo un’opposizione diretta, gli individui o i movimenti rimangono spesso invischiati negli stessi meccanismi che desiderano sabotare. L’attenzione rivolta verso le battaglie esterne distoglie l’energia dalla trasformazione interna, vera fonte di libertà, e perpetua la spirale di conflitto e dipendenza reciproca.

Il paradosso dell’opposizione

Per illustrare ulteriormente questo concetto, si consideri l’esempio delle valute digitali che stanno rimpiazzando il denaro contante. Le campagne di informazione condotte dai canali alternativi evidenziano delle legittime preoccupazioni nei confronti dell’erosione della privacy e del controllo centralizzato dei sistemi finanziari. Tuttavia può verificarsi quanto segue.

  1. Legittimazione attraverso l’attenzione: opponendosi con tanto fervore alle valute digitali, se ne conferma l’importanza e le si colloca sotto i riflettori del discorso pubblico. Il vero dilemma, alla fine, è la dipendenza dal denaro per la sopravvivenza e non tanto il modo in cui esso viene generato e distribuito.
  2. Rinforzo attraverso l’inquadramento: le strutture di potere possono facilmente inquadrare gli avversari come oppositori del progresso e delll’innovazione; etichette che hanno una certa risonanza presso un pubblico abituato a equiparare l’avanzamento tecnologico al miglioramento della società. Ogni critica dovrebbe quindi essere accompagnata da una proposta alternativa e non semplicemente dal desiderio di preservare lo status quo, poiché questo atteggiamento viene percepito come arretrato dalle masse poco informate.
  3. Attaccamento ai sistemi esistenti: il fatto stesso di opporsi rivela un attaccamento al denaro, il quale rappresenta lo strumento di controllo delle masse per eccellenza, nonché un disinteresse verso questioni più profonde circa le motivazioni della dipendenza dalle strutture economiche. Se si dà tanta importanza a un qualcosa che è controllato da un’entità esterna, ci si pone automaticamente in una posizione subordinata rispetto proprio a quell’istituzione considerata “nemica”. Non è forse così?

Trattasi di un paradosso che dimostra come la resistenza spesso rafforzi il dominio di ciò che si sta contrastando, anziché renderlo più debole.

La non-resistenza come percorso da seguire

Le tradizioni spirituali offrono un approccio alternativo: la non-resistenza. Questo termine non significa passività o apatia; esso implica piuttosto il trascendere la dualità insista nel “noi vs. loro” o nel “giusto vs. sbagliato”. Invece di lottare direttamente contro i sistemi oppressivi, rischiando di rimanere intrappolati nelle loro dinamiche, la non-resistenza incoraggia le persone a reindirizzare le proprie energie verso la creazione di alternative che incarnino valori più elevati come la solidarietà, l’equità e l’interconnessione.

Ad esempio:

  • Invece di opporsi in toto alle valute digitali, gli individui dovrebbero concentrarsi sulla riduzione dell’importanza che attribuiscono al denaro, evitando le spese superflue, eliminando i vizi e le abitudini costose, smettendo di seguire le mode e privilegiando il baratto rispetto allo scambio monetario. Attraverso il ridimensionamento del concetto stesso di denaro, coloro che lo controllano perderanno automaticamente potere su di noi man mano che diventeremo più liberi.
  • Invece di protestare contro i programmi di sorveglianza di massa esclusivamente attraverso battaglie legali o manifestazioni pubbliche (che sono importanti ma di efficacia limitata), le persone potrebbero concentrarsi sul coltivare la propria pace interiore mediante pratiche di mindfulness; tali tecniche riducono le reazioni basate sulla paura e favoriscono sia l’auto-consapevolezza che la resilienza nei confronti delle manipolazioni esterne. Una maggiore coscienza di sé e del mondo permetterà, tra l’altro, di scoprire alternative ai metodi oppressivi che il sistema cerca di imporre.
  • Se si teme che le auto elettriche non siano in grado di fornire lo stesso grado di libertà e di autonomia rispetto a quelle a motore endotermico, perché non si cerca di diventare semplicemente meno dipendenti dall’automobile, specialmente se concepita come unico mezzo di trasporto? Utilizzare questo mezzo il meno possibile, trovare metodi più salutari di viaggiare, ed eliminare gli spostamenti non necessari sono solo alcune delle soluzioni per smettere di preoccuparsi delle auto, poco importa se funzionano a benzina o ad elettricità. Il sistema distorto in cui viviamo è tenuto in piedi dalle persone comuni che credono di non poter fare a meno delle cose che il potere impone loro di possedere. Per sentirsi bene, in realtà, non c’è affatto bisogno della maggior parte degli oggetti che ci sentiamo in qualche modo obbligati ad avere.

Molti scambiano le gabbie per le libertà

Qualsiasi forma di attaccamento al mondo materiale è un’ulteriore catena che vincola la nostra anima al piano terreno e genera karma. È sorprendente come, anche all’interno del ristretto gruppo di persone che si considerano spirituali, ci siano così tanti individui che percepiscono l’automobile come uno strumento di libertà, quando è talmente evidente che si tratta di una gabbia, sia in termini pratici che simbolici. La loro dipendenza dal concetto stesso è così radicata che non riescono a concepire un mondo senza auto, eppure i più nobili concetti filosofici e trascendentali a cui la comunità spirituale fa riferimento ancora oggi sono stati sviluppati da uomini che si spostavano a piedi.

Naturalmente, lo stesso ragionamento può e deve essere applicato al concetto di denaro. Possedere più denaro, sia esso in forma digitale o cartacea, rende di fatto più schiavi del sistema anziché più liberi. Rifletti un attimo: tra un povero e un ricco, quale dei due ha più da perdere?

La soluzione si trova dentro di noi

Deviando l’attenzione dall’opposizione esterna alla responsabilizzazione di sé e alla creazione proattiva, è possibile indebolire le strutture oppressive senza dover sottostare direttamente alle loro condizioni. Tale approccio è in linea con i principi spirituali che promuovono l’armonia rispetto al conflitto e la trasformazione rispetto alla resistenza. Basta semplicemente smettere di cercare significato, identità e libertà negli oggetti, nei possedimenti e nel denaro.

In sintesi, la vera libertà non deriva dalla sconfitta di nemici esterni, bensì attraverso la liberazione dall’attaccamento, sia esso nei confronti dei beni materiali come il denaro, del bisogno di sentirsi accettati dagli altri, del volersi ribellare o conformare, nonché delle narrazioni dettate dalla paura propagandate sia dalle fonti di informazione tradizionali che da quelle alternative. Finché gli esseri umani continueranno a cercare risposte nelle questioni terrene, siano esse beni materiali, ideologie o battaglie per questioni mondane ed esteriori, non ci sarà mai una vera evoluzione, né psicologica né spirituale.

<<Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia>>, Carl Gustav Jung.

Conclusioni: verso un approccio olistico

La controinformazione svolge un ruolo importante nello sfidare le strutture di potere dominanti e nel dare voce alle posizioni minoritarie. La sua natura reattiva ne limita tuttavia il potenziale come guida verso il cambiamento trasformativo, a meno che questo non venga accompagnato da un approfondito discernimento psicologico e soprattutto da una ricerca di significato che trascenda il mondano per sconfinare nel regno dell’anima e dello spirito.

Non c’è nulla di alternativo o innovativo nell’opporsi al potere costituito e alla società che esso ha generato, poiché, per cambiare il mondo esterno, dobbiamo prima trasformare ed evolvere noi stessi; l’atto più radicale e rivoluzionario che possiamo compiere consiste nello smettere di fare qualsiasi cosa e concentrarci su noi stessi. Il potere ci controlla attraverso i nostri bisogni, che siano naturali o indotti dal sistema stesso, mediante la costante propaganda mascherata da pubblicità, informazione, film, musica, politica, religione e così via. Dobbiamo solo smettere di ricercare le risposte nelle cose che il mondo ci offre e iniziare a sperimentare la vera libertà, quella che si trova dentro di noi.

È arrivato il momento di non dare più valore alle narrazioni che ci vengono proposte, siano esse ufficiali o alternative, per fare nostro un approccio olistico basato sul pensiero critico e sull’evoluzione interiore di tipo spirituale.

  • Psicologicamente: riconoscere come le risposte incentrate sulla paura perpetuino i conflitti (mainstream) e allo stesso tempo incentivino una forma di empatia verso le prospettive positive promosse da un’eventuale minoranza (visioni alternative), dando vita a un circolo vizioso dualistico fine a se stesso. La maggioranza seguirà sempre la voce più rumorosa e persistente, mentre gli emarginati creeranno la loro minoranza “scomoda” che il potere stesso userà come pretesto per avanzare le proprie istanze in maniera ancora più incisiva, proteggendo e preservando al contempo altre minoranze che sono chiaramente vantaggiose per i suoi scopi. In poche parole, il sistema genera sia i suoi alleati che i suoi oppositori, i quali, consapevolmente o meno, reggono il gioco. Il caro vecchio giochetto della dualità.
  • Spiritualmente: sostenere la non-resistenza come mezzo per trascendere la dualità tra “noi” e “loro”, concentrandoci sulla creazione di alternative armoniose da ricercare all’interno di noi stessi, e non all’esterno, con l’intento di promuove la crescita personale, il rispetto reciproco e uno stile di vita incentrato sull’essere piuttosto che sul fare o sull’avere. Per riuscirci, dobbiamo innanzitutto cessare di considerarci come corpi mortali bisognosi di tutto e cominciare a focalizzarci maggiormente sulla nostra parte spirituale e immortale. Il sistema, e le persone al potere che lo gestiscono, sfrutta i nostri bisogni più elementari e le nostre paure più primordiali (ad esempio la morte) per ammaestrarci e tenerci sotto controllo, esattamente come noi facciamo con i nostri animali domestici. Una volta realizzato ciò, dobbiamo imparare a separare le paure e i bisogni della nostra mente animale dalle aspirazioni più elevate della nostra anima e dare la priorità a queste ultime e al nostro io più autentico.

Abbandonando la mentalità di tipo oppositivo e adottando una visione proattiva, oltre a privilegiare la libertà interiore rispetto alle battaglie e alle ambizioni esteriori, possiamo aprire la strada a una società più equa, fondata su un’umanità partecipe anziché su ideologie divisive. Un approccio olistico non rifiuta l’importanza del mettere in discussione l’autorità, ma riconosce che un cambiamento duraturo deriva dalla costruzione di qualcosa di migliore più che dal semplice abbattimento di ciò che già esiste.

In definitiva, questo cambiamento richiede sia una trasformazione individuale che un’azione collettiva. A livello individuale le persone devono imparare a coltivare l’autoconsapevolezza per ridurre la loro suscettibilità nei confronti della manipolazione basata sulla paura, sia essa prodotta da fonti mainstream o alternative. A livello collettivo le persone devono unirsi intorno a valori condivisi come la giustizia, la sostenibilità, la solidarietà e la dignità umana, lavorando insieme per progettare sistemi che riflettano tali principi.

test del QI e intelligenza logica

 

MINI-TEST: SEI UN COMPLOTTISTA?

In una società sempre più intricata e incomprensibile, in cui gli interessi economici si intersecano con manie di potere ed eccesso di narcisismo, come possiamo distinguere il vero dal falso? Non c’è dunque da sorprendersi se alcuni perdono fiducia nelle istituzioni e diventano diffidenti.

Esamina le frasi che seguono e seleziona quelle con cui ti trovi in accordo o che consideri più ragionevoli.






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